venerdì 13 gennaio 2012

Natale a Cortina

DAI TARTASSATI DI TOTO' AI "POVERETTI" DI CORTINA RICORDANDO IL MESSAGGIO DI PADOA SCHIOPPA: STEFANO RODOTA' E IL MONDO DI LADRI.
Nella controversa agenda politica di questa difficile stagione ha fragorosamente fatto ingresso la lotta all'evasione fiscale. Non più come tema polemico, non più come rivendicazione di qualche buon esito di un'azione amministrativa di contrasto, ma come questione capitale, destinata a sconvolgere equilibri, colpire interessi, revocare in dubbio compiacenze. Questo è avvenuto con due mosse fortemente simboliche. Il blitz a Cortina e una dichiarazione del Presidente del consiglio che ha indicato negli evasori quelli che «mettono le mani nelle tasche dei contribuenti onesti».

Non siamo solo di fronte allo smascheramento dell'ipocrita vulgata berlusconiana, ma alla denuncia di una inaccettabile redistribuzione alla rovescia delle risorse, per cui oggi sono soprattutto i meno abbienti a pagare servizi di cui, troppe volte, sono proprio i più ricchi ad avvantaggiarsi (si pensi solo al caso dell'istruzione universitaria, alla quale spesso non riescono poi ad accedere i figli di chi maggiormente la finanzia). Ed è giusto ricordare quel che disse Tommaso Padoa Schioppa: «le tasse sono una cosa bellissima e civilissima, un modo di contribuire tutti insieme a beni indispensabili come la salute, la sicurezza, l'istruzione e l'ambiente».

Ironie e dileggi accolsero questo limpido richiamo alle virtù civiche. E oggi sono violente le reazioni dei molti che ritengono inaccettabile una priorità come la lotta all'evasione, certamente incompatibile con il melmoso immoralismo che si è fatto cemento sociale e nel quale si è cercato il consenso politico. Ma i gesti simbolici sono importanti, a condizione che siano poi accompagnati da inflessibile volontà politica e da quella adeguata strumentazione tecnica ricordata da Alessandro Penati, con una sottolineatura significativa: la necessità di modificare "i comportamenti individuali e collettivi".

Qui si gioca la partita vera. Certo, «non si cambia la società per decreto» – ammoniva Michel Crozier. È indispensabile, allora, un lavoro che vada nel profondo e rimetta in onore principi fondativi abbandonati. E, poiché questi sono tempi in cui è così insistente il richiamo ai doveri (magari per rendere più debole l'appello ai diritti), bisogna partire dai «doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale» previsti dall'articolo 2 della Costituzione. Ma contro la solidarietà sono state spese negli anni passati parole di fuoco, denunciandone i "pericoli" e, muovendo da questa premessa, si sono organizzate "marce contro il fisco". Si è così cercato di svuotare di senso sociale e di valore civile l'articolo 53 della Costituzione: «tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva» e secondo criteri di progressività. Da quest'insieme di doveri, invece, non si può "evadere".

Arriviamo così alla radice dell'obbligazione sociale e del patto tra cittadini e Stato.
Stefano Rodotà

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